LA SFURIATA CHE MI HA RESO CRISTIANA
Immagine: foto di Kenny Wong
Posso ancora sentire l’odore dell’incenso. Mio padre ne accendeva tre bastoncini, li appoggiava in una ciotola di riso crudo, si inginocchiava e si inchinava finché la sua fronte non toccasse terra.
Si inchinava tre volte – lentamente, con riverenza – e la stanza diventava cupa e silenziosa. Ricordo che osservavo il fumo arricciarsi nell’aria e scomparire nelle luci della sala da pranzo.
Piatti delle nostre prelibatezze cinesi preferite riempivano il tavolo da pranzo.
Mi viene l’acquolina in bocca pensando al cetriolo di mare, ai germogli di bambù, all’abalone, ai gamberetti giganti, ai saporiti funghi shiitake e alle verdure tradizionali che acquistavamo dall’unico supermercato asiatico della nostra zona, a più di un’ora di distanza.
Un’unica sedia, situata lontano dal tavolo, rappresentava lo spirito di mia nonna.
Ogni piatto rappresentava un’offerta speciale per onorare la sua memoria.
Era morta di cancro ai polmoni e non l’avevo mai incontrata di persona. La conoscevo solo da un ritratto nell’ufficio di mio padre. Quando ero piccola, questo ritratto mi spaventava: ero convinta che i suoi occhi seguissero ogni mio passo.
Dopo che tutti i membri della famiglia si inginocchiavano e si inchinavano a turno, mio padre portava l’incenso fuori dalla porta sul retro e noi ci sedevamo per goderci la festa.
Il bagliore di una nuova vita
Sono cresciuta in una casa culturalmente buddista.
Con “culturalmente buddista”, intendo dire che la religione non ha influenzato la mia vita quotidiana. Quando si trattava di rituali come onorare lo spirito di mia nonna, ne eseguivo solo i movimenti.
La nostra famiglia viveva a Boulder, in Colorado, una bellissima città incastonata tra le montagne. L’aria fresca di montagna era profumata di pino e talvolta di erba.
Boulder è pieno di hippy, di cristalli new-age e folle di persone aperte spiritualmente.
Crescendo culturalmente buddista in una casa di immigrati, non sapevo nulla delle tradizioni americane tranne quello che ho imparato a scuola.
Il Natale ruotava intorno ai regali e a Babbo Natale. La Pasqua aveva qualcosa a che fare con un coniglietto bianco gigante, gelatine e uova colorate.
Durante il mio secondo anno di liceo, la compagna di banco con cui sedevo durante le lezioni di matematica, Jean, manifestò un cambiamento improvviso. Incuriosita, le ho chiesto il segreto del suo splendore ritrovato.
“Bene, Viv, sono diventata cristiana. Adesso ho una relazione personale con Gesù. È morto per perdonare i miei peccati, e ora sono nata di nuovo e rinnovata. Il bagliore proviene dalla mia nuova vita in Cristo”.
Oh no! La delusione mi riempì dalla testa ai piedi. Jean era divertente e intelligente. Come poteva essere diventata una strana maniaca di Gesù? Ma nel corso dell’anno, il cambiamento in lei è continuato tanto che la vedevo trasformarsi davanti ai miei occhi.
Dio ha operato nella sua vita in modi specifici e inspiegabili. Le piaceva dire che gli esseri umani non avrebbero mai potuto essere soddisfatti dalle relazioni, dagli acquisti, dai premi o dai risultati.
Il Signore aveva creato le persone con un vuoto a forma di Dio che solo Lui poteva riempire.
Il mio cuore era irrequieto. Anche da adolescente, potevo già percepire la futilità di andare dietro al brivido temporaneo di vincere un premio o acquistare qualcosa di nuovo da indossare; tutte cose che non potevano alleviare il vuoto che sentivo dentro.
Ho iniziato ad andare in chiesa e frequentare il gruppo giovani, all’inizio principalmente per dare un’occhiata ai ragazzi carini.
In poco tempo ho iniziato a fare domande e col tempo sono rimasta affascinata dalla persona di Gesù, che ha pronunciato parole di speranza radicale.
Il suo invito a entrare in relazione con il Dio del cielo si è rivelato irresistibile.
L’estate prima del mio terzo anno di liceo, ho dato il mio cuore e la mia vita a Gesù, o almeno così pensavo.
Sapevo che i cristiani avrebbero dovuto leggere la Bibbia, quindi ne comprai una copia in libreria. Ma non importava quanto leggessi, non riuscivo a dare un senso a molte cose.
Ad essere onesta, ho trovato la Bibbia piuttosto noiosa. Sapevo anche che i cristiani dovevano pregare, ma ogni volta che ci provavo mi distraevo o mi addormentavo.
La domenica, se mi svegliavo in tempo, andavo in chiesa da sola in macchina.
Durante l’adorazione piangevo ad ogni cantico.
Volevo conoscere Dio, amarlo e vivere per Lui. Ma poi tornavo a casa e la vita continuava come al solito. Il cristianesimo non funzionava per me, quindi decisi di metterlo da parte come se fosse solo un’altra fase adolescenziale.
Poi la mia vita si è capovolta. Mio padre spinto da una crisi di mezza età ha deciso che dovevamo trasferirci da Boulder a Hong Kong.
Avevo grandi progetti per il mio ultimo anno di liceo. Adesso erano stati demoliti.
Non conoscevo niente e nessuno. Non leggevo o scrivevo cinese e non parlavo cantonese (siamo cresciuti parlando mandarino, un dialetto completamente diverso). Tutto era diverso: la valuta, il clima, la cultura e le usanze, il traghetto, i taxi rossi e il sistema ferroviario.
Ricordo di essermi seduta sul letto nel nostro piccolo appartamento, con le lacrime agli occhi.
Arrabbiata e confusa, ho sfogato la mia frustrazione e ho fatto sapere a Dio esattamente come mi sentivo.
Ma alla fine della mia sfuriata, ho aggiunto una preghiera sincera: “In cuor mio, voglio conoscerti e fare la tua volontà. Ho bisogno di una chiesa, di un gruppo di giovani e di amici cristiani. E se lo fai, ti darò tutta la mia vita”.
Nelle mani di Dio
Poco dopo, sono stata coinvolta nel gruppo di studio/dibattito alla Maryknoll Convent School, la scuola cattolica femminile che frequentavo, una delle migliori scuole di Hong Kong. Le ragazze di Maryknoll erano raffinate e sicure di sé. Non ero mai stata in un ambiente così accademicamente stimolante.
Le classi erano tenute in inglese, ma gli studenti scherzavano in cantonese.
Quando ho saputo che la squadra del dibattito gareggiava in inglese, ho deciso di partecipare. Le ragazze della mia squadra sono diventate le mie amiche più care.
Dopo uno dei dibattiti, un ragazzo di una scuola maschile rivale si è avvicinato a me: “Scusami” disse. “Sei cristiana? Ti piacerebbe venire qualche volta alle riunioni del nostro gruppo giovani?”.
Il venerdì successivo, ho partecipato ad una riunione, nella chiesa dell’Alleanza Cristiana e Missionaria vicino a casa nostra.
Quella sera ho imparato che la vita cristiana non era solo difficile da vivere anzi era impossibile da vivere, almeno con i nostri sforzi; solo Dio può fornirci gli strumenti: la fiducia in Lui e nel Suo Spirito ci consentono di vivere come cristiani.
Quando ci siamo trasferiti a Hong Kong, tutte le cose a cui ero così strettamente aggrappata mi sono state improvvisamente tolte. Ma al loro posto è arrivata una svolta spirituale.
Per la prima volta nella mia vita, mi sono sentita disposta a dare a Dio il controllo totale.
Una volta preso questo impegno, la Scrittura ha preso vita in un modo nuovo.
E lo Spirito di Dio ha cominciato a guidarmi, confortarmi e ammonirmi.
A Hong Kong ho incontrato regolarmente un mentore che mi ha mostrato come studiare la Bibbia e vivere la mia fede.
Ho scritto il suo nome nella mia Bibbia accanto a Ebrei 13:7
“Ricordatevi dei vostri conduttori, che vi hanno annunziato la Parola di Dio”, e da allora ho aggiunto i nomi di molti altri che mi hanno aiutato nella crescita spirituale.
Nel corso degli anni, ho spesso avuto bisogno di riconsiderare la supremazia e l’autorità di Dio nella mia vita.
Ricordo quando diversi anni fa ero dubbiosa sul mio percorso professionale dopo il college e ho avuto di difficoltà finanziarie; poi sono seguite alcune tragedie familiari e una diagnosi di cancro.
Ma ogni volta che ho messo il mio cuore, la mia vita, i miei progetti, speranze e sogni nelle mani di Dio, ho scoperto che la sua fedeltà è incrollabile.
Vivian Mabuni è autrice, relatrice e conduttrice del podcast Someday is Here . Lei e suo marito hanno servito con Cru per 31 anni. Parti di questo saggio sono state adattate dal suo libro Open Hands, Willing Heart: Discovering the Joy of Saying Yes to God (WaterBrook)
Tratto da: christianitytoday.com