VIVEVO CON TOSSICODIPENDENTI E PROSTITUTE. ORA CONDIVIDO IL VANGELO CON LORO
Immagine: Foto di Mikaela Hamilton
Sono nata Los Angeles in una famiglia in subbuglio. Mio padre era un alcolizzato e un donnaiolo, e quando avevo 17 anni lui si era sposato per la quarta volta. Mia madre se ne andò quando avevo circa 5 anni e non l’ho più vista.
Durante la mia infanzia, sono stata trasferita da una famiglia affidataria all’altra.
Ho iniziato a usare droghe quando avevo 13 anni. Credo che sia stato allora che ho finalmente capito che mi odiavo. Fino ad allora, ero stata in grado di ignorare i sentimenti di inutilità e la continua sensazione di rifiuto e abbandono che avevo nei miei confronti.
A 15 anni sono scappata di casa, e ho vissuto per strada fino a quando non sono stata arrestata. Così iniziarono i miei problemi con la legge.
All’inizio, sono finita all’Eastlake Juvenile Hall nel centro di Los Angeles (una struttura in cui sarei poi tornata più volte).
Assassini, ladri e membri di bande erano ammassati insieme a coloro che erano scappati di casa. Da ragazza bianca con lunghi capelli biondi, mi sono subito sentita fuori posto.
Alla fine, sono stata trasferita a Florence Crittenton, una casa di accoglienza per ragazze a East Los Angeles.
Superare il parco era contro le regole, ma non c’erano sbarre o muri a impedirlo.
Durante quel periodo, giravo di notte in autobus per Los Angeles, ignara del potenziale pericolo. Gente poco raccomandabile e gangster abbondavano in molti quartieri.
Ma ero troppo irrequieta per restare da qualche parte a lungo. Dopo essere scappata per la terza volta dalla casa di accoglienza, sono stata nuovamente arrestata e rimandata al carcere minorile. A questo punto ero sotto la tutela della corte, dato che mio padre e la mia matrigna avevano divorziato, e nessuno dei due voleva accogliermi.
Il tribunale mi ha collocato in una struttura chiusa nel centro di Los Angeles chiamata Convento del Buon Pastore.
Il quartiere era così insicuro che durante le vacanze abbiamo dovuto spostare i nostri letti dalle finestre, perché in passato i membri della gang avevano sparato attraverso di loro.
Le mura del convento erano alte più di 3.5 metri, ma sono riuscita a scappare anche da lì, arrampicandomi sul tetto dell’edificio della lavanderia e strisciando sull’edera.
Ad ogni fuga, il mio odio per me stessa aumentava, insieme al disprezzo per le figure autoritarie e alla sfiducia nelle persone in generale. Ero diretta su un sentiero di distruzione.
All’età di 19 anni, ho iniziato a lavorare per il California Conservation Corps.
Una delle nostre responsabilità era servire i pasti ai vigili del fuoco e ai prigionieri mentre combattevano i grandi incendi. È qui che ho incontrato un uomo che chiamerò Bill, che stava scontando una pena detentiva a Yreka, in California. Ci siamo scambiati lettere per mesi e quando è stato rilasciato abbiamo iniziato a vivere insieme. Più tardi, ci siamo sposati e abbiamo avuto due figli.
A quel tempo, bevevo molto e fumavo erba. Per anni ho usato ogni droga su cui potevo mettere le mani.
Ma non sapevo che Bill stesse usando cocaina per via endovenosa. E non ci volle molto per farmi fare lo stesso.
Ho trascorso i successivi sei anni e mezzo con un ago nel braccio, accumulando quattro esperienze di pre-morte quando andavo in overdose.
Inutile dire che ho perso ogni interesse nel lavorare e nel prendermi cura dei miei figli, di mio marito o del mio appartamento.
Nel corso del tempo, le mie vene erano così rovinate sono stata aiutata da un altro tossicodipendente che mi ha iniettato droghe nelle vene del collo, cosa che espone a morte improvvisa. Ovviamente, niente di tutto questo è stato neanche lontanamente divertente: stavo solo cercando di attutire il mio dolore.
Bill e io abbiamo divorziato meno di un decennio dopo.
Avevamo provato a diventare sobri, ma non sapevamo chi fosse l’altra persona senza le droghe.
Dopo un tentativo di sobrietà durato sei mesi, ho abbandonato la mia famiglia e ho iniziato a vivere in strada per poter continuare ad alimentare la mia dipendenza.
Non avrei mai immaginato che sarei rimasta senza casa per due anni, somigliando in tutto e per tutto alla proverbiale signora delle borse.
Durante questo periodo gironzolavo per un quartiere pericoloso, avventurandomi di notte in cerca di droga.
Di tanto in tanto perlustravo i bidoni della spazzatura in cerca di cibo, ma di solito vendevo semplicemente il mio corpo per sopravvivere e mantenere la mia abitudine alla droga. Spesso desideravo di farla finita.
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Spesso desdS ssssss Per due volte, mi hanno puntato la pistola addosso e una volta ho detto all’aggressore: “Sparami e liberami dalla mia miseria”. Ho anche tentato il suicidio in diverse occasioni. Ma miracolosamente, sono sopravvissuta ogni volta.
ACQUA NEL DESERTO
A 29 anni ero stata arrestata 13 volte.
Una mattina, mentre stavo scontando la pena a Fort Ord, una base dell’esercito vicino a Seaside, in California, sono arrivate sei auto della polizia militare e un sergente della polizia di Seaside è entrato sfondando la porta.
A causa della mia lunga fedina penale, sono stata mandata in una prigione femminile nel sud della California, dove conoscevo già alcune delle detenute.
Affollati a coppie in minuscole celle nell’unità ricevente, eravamo in isolamento 23 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, quindi non c’era privacy. Pochissimi detenuti potevano uscire dalle loro celle per lavorare.
Ma Dio stava preparando un altro miracolo.
La mia compagna di cella lavorava in cucina, il che mi concedeva di stare molto tempo da sola.
Mentre era via, ho iniziato a leggere Devil Driver di Al Capone, un libro sull’autista del boss della mafia. Quest’uomo aveva ucciso molte persone ed era finito in prigione, dove alla fine era diventato un cristiano.
A quel tempo, non stavo nemmeno cercando Dio.
Tutto quello che sapevo era che volevo morire.
Tutta la mia vita era stata un ininterrotto periodo di infelicità e il dolore era insopportabile.
Dopo aver finito il libro, mi sono resa conto che Dio era esattamente ciò di cui avevo bisogno.
Mi sono inginocchiata e gli ho gridato per più di un’ora, piangendo per tutti i torti che avevo fatto. Quando mi sono alzata dal pavimento della cella, ero una persona nuova di zecca.
Dopo essere stata inserita nella popolazione carceraria generale poche settimane dopo, sono andata immediatamente in chiesa.
Il cappellano era molto amichevole e mi comprò una costosa Bibbia.
La lessi per ore ogni giorno. Dopo una vita fatta deragliare da bugie distruttive, trovare la verità di Dio è stato come scoprire un fresco ruscello nel deserto.
Le Scritture parlavano di integrità e speranza al mio cuore.
All’inizio non riuscivo a capire che Gesù avrebbe amato un peccatore come me, tanto meno che i miei peccati erano stati totalmente perdonati.
Ma più leggevo, più lo Spirito Santo confermava la sconvolgente realtà del Vangelo.
Ho tratto un incoraggiamento speciale da Gioele 2:25, che parla di Dio che “ti ripaga per gli anni che le locuste hanno mangiato”.
Ben presto, mi sono ritrovata a voler condividere Cristo con gli altri in prigione. Così iniziai a dirigere cantici di adorazione e infine a parlare delle meraviglie di Dio.
Dopo il mio rilascio, sono dovuta tornare nella mia città natale di Santa Cruz, in California.
Ma le uniche persone che conoscevo erano tossicodipendenti e prostitute.
Mi chiedevo perché Dio mi avesse riportato in questo tipo di ambiente.
Ma Dio, gentilmente, mi ha dato molte opportunità di dare testimonianza a coloro con cui avevo condiviso la mia vecchia vita.
Alla fine, sono tornata a scuola e ho conseguito la laurea in infermieristica.
Ho anche sposato il figlio di un capitano della California Highway Patrol e insieme abbiamo iniziato un ministero che aiuta le persone a conoscere Gesù e a prendersene cura.
Da decenni ormai mi prendo cura di gruppi di donne: alcune cristiane da una vita, altre appena uscite dalla strada o che si stanno riprendendo da dipendenze.
Dopo tanti anni di fuga, da casa, dall’autorità, dalla vita stessa, lodo Dio per aver dato riposo alla mia anima stanca.
NESSUNA VITA È TROPPO ROVINATA PERCHÉ DIO LA GUARISCA. Io ne sono la prova vivente.